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Assistiamo a un vero boom di casi, 18 milioni di italiani soffrono di una forma di allergia e al livello mondiale è ancora peggio: l’ Oms dichiara che il 40% della popolazione è colpita da un qualche tipo di allergia o intolleranza. Attualmente la medicina non fa che fare prove allergologiche, somministrare antistaminici fino ad arrivare nei casi più gravi a usare broncodilatatori e cortisone. Chi parla di diete, consiglia diete di privazione cercando di evitare i cibi che causano la sintomatologia, chi fa vaccini cerca di desensibilizzare il sistema immunitario ma più o meno tutti se la prendono con il nostro povero sistema immunitario che in realtà è solo la vittima di una causa molto più banale ma purtroppo ignorata e dalle diverse sfaccettature. Le allergie sopravvengono in età anche avanzata e nessuno in realtà si sa spiegare perché, la frottola della genetica come causa portante non regge più.
Quello che dobbiamo capire innanzi tutto è perché il nostro sistema immunitario si sovra-esprime, ad esempio con un banale polline che è solamente portatore di un antigene che da solo non nuocerebbe a nessuno. Ma perché qualcosa dovrebbe far “arrabbiare” il nostro sistema immunitario?
Il nostro sistema digerente è la più grande interfaccia con il mondo esterno. L’intestino infatti per quanto lo possiamo considerare “interno” in realtà è un organo esterno. Si è calcolato che la superfice equivalente del nostro intestino è grande circa come un campo da tennis. Questo vuol dire che quando mangiamo “spalmiamo” su questa superfice il cibo che viene processato da acidi gastrici, succhi biliari e pancreatici e dal microbiota. La barriera intestinale è costituita da dei tessuti che si frappongono tra il cibo e il sangue e il sistema linfatico. Se questa barriera ha delle “perdite” si parla di permeabilità intestinale(4). Ma perché ci sono queste "perdite"? La causa della permeabilità intestinale è da ricercare in uno stato di disbiosi cronica del microbiota
La disbiosi è un concetto che indica gli squilibri più disparati e complessi del nostro microbiota. Miliardi di microorganismi diversi, centinaia di migliaia di famiglie che interagiscono in maniera complessa a seconda del loro rapporto reciproco, dalla collocazione “geografica” in un tratto intestinale piuttosto che in un altro e dallo stato emotivo della persona (asse intestino-cervello). La disbiosi può evolvere in infiammazione e permeabilità intestinale. Una volta che il nostro intestino si trova in tale stato, permette il passaggio di proteine intere e batteri che non dovrebbero passare direttamente nel sangue e nel sistema linfatico; quello è il momento in cui si sovraccarica il sistema immunitario che comincia a fare gli straordinari, insieme al fegato che è uno dei primi organi a fare le spese di questa condizione
In questo stato qualunque cibo mangiato ripetutamente può scatenare reazioni allergiche in quanto i suoi componenti possono passare la barriera intestinale e andare a sovra-esprimere gli antigeni corrispondenti.
Affannarsi a fare “cure” antistaminiche non ha nessun senso se non quello di tamponare una situazione acuta ma che nulla può contro la permeabilità intestinale, che è la vera causa sottostante. Stesso dicasi per le diete di privazione che se da una parte sono utili per evitare reazioni allergiche poco o nulla fanno alla causa della permeabilità intestinale che se rimarrà inalterata i disturbi allergici permarranno fino all’ insorgenza di nuove allergie e intolleranze.
La permeabilità intestinale si può misurare con degli esami come la ricerca della zonulina (sierica e fecale), cosi come si può misurare lo stato di disbiosi e di infiammazione. Questo è il punto di partenza: capire il proprio stato di fatto intestinale.
Poi si deve cercare di operare sulla disbiosi intestinale e qui si apre un mondo. Quello che è importante è riuscire a ridurre lo stato di disbiosi, a far andare d’accordo i nostri amici. Ognuno ha le proprie formule con probiotici e le proprie diete (le più disparate e distanti come vegetariane e paleo) ed ognuno ha i propri risultati positivi e negativi. Probiotici come bifidi e lactobacilli con sicurezza sono un valido strumento per venire a capo della disbiosi ma non è semplice riuscire ad azzeccare le giuste proporzioni e i bisogni individuali. Ancora oggi non siamo in grado di dare risposte definitive e univoche al fenomeno della disbiosi ma una cosa è certa, un’alimentazione troppo sbilanciata verso gli zuccheri e carboidrati (in particolari raffinati e non integrali) favorisce la disbiosi, mentre un’alimentazione variata favorisce la biodiversità che è la base di un microbiota sano e dell'eubiosi. L’abbondanza di zuccheri può causare la proliferazione della candida e la condizione di disbiosi del microbiota(che si può anche visualizzare come uno stato di antagonismo tra microorganismi invece che di cooperazione) provoca uno stato di squilibrio microbiologico, nel quale la candida muta il suo stato e da innocue pallette (lievito) a filamenti detti “ife” (muffa) che bucano l’intestino generando, o comunque contribuendo, alla permeabilità intestinale.
Fibre solubili e insolubili, amido resistente, Gos, Fos e inulina sono i prebiotici più usati per favorire un microbiota ricco di probiotici, ma a ben guardare ogni cibo è un prebiotico ovvero un alimento che fa proliferare certi tipi di batteri.
Anche i metalli pesanti e gli oligoelementi fanno parte dell’equazione, favorendo o sfavorendo la permeabilità intestinale. Questi elementi intra-cellullari fanno da substrato al nostro microbiota, in pratica fanno da terreno su cui prolifera il microbiota. Per semplicità potremmo vedere questi elementi come la terra sulla quale crescono delle piante. Se c’è un terreno inquinato o carente di qualche elemento facilmente non riusciremo a coltivare un prato sano ed equilibrato, viceversa potremmo avere un prato sano, bello e resistente.
Il paragone tra il microbiota e un prato non si può spingere piu di tanto. Mentre un prato a prescindere dalla sua biodiversità ha bisogno sempre di acqua per crescere , il microbiota sarà biodiversificato a seconda della diversità della dieta seguita e dei prebiotici assunti. L'equazione della disbiosi è molto complessa in quanto è vero che si è capito che ci sono ceppi batterici come la famiglia dei bifidi che favoriscono l'eubiosi e promuovono la biodiversità ma è l'interazione tra tutti i microorganismi dell'intestino (e non solo) , il loro dialogo e le loro interdipendenze che fanno un microbiota in eubiosi.
Anche la carenza di vitamina D (che è da alcuni autori considerata un ormone) fa parte di questa equazione. Forse non è un caso che le malattie riconducibili a permeabilità intestinale sono in continuo aumento e la carenza di vitamina D è endemica nella popolazione. Ci sono studi che provano una relazione tra permeabilità intestinale e carenza di tale vitamina (1), quindi una cosa da fare è dosare la vitamina D per eventualmente integrarla e portarla a valori adeguati. Probabilmente non è un caso che le megadosi di vitamina D che usa il metodo Coimbra(dall’omonimo medico) aiutano e addirittura risolvono la sclerosi multipla, che ricordiamo è causata un sistema immunitario in tilt che attacca se stesso. Appare ovvio in questo contesto che la permeabilità intestinale fa parte dell’equazione della SM, arrivando a essere probabilmente e logicamente la causa principale, ma nessuno lo dice.
È esperienza dello scrivente che una volta risolta la permeabilità intestinale, riscontri di laboratorio alla mano, l’allergia migliora nettamente scomparendo nel corso del tempo. Il sistema immunitario pian piano dimenticherà quei nemici innoqui(quegli antigeni, quei pollini) che prima scatenavano la risposta allergica, nella misura in cui il sistema immunitario non sarà più sottoposto alle sovra-stimolazioni causate da una permeabilità intestinale troppo pronunciata.
Ricapitolando ecco cosa succede: a causa di antibiotici, stress, farmaci, inquinamento, metalli pesanti, scorretti stili di vita(3), diete squilibrate e cibi non sani (pieni di antibiotici, pestici) lo stato di salute del nostro microbiota e quindi la disbiosi aumenta fino a compromettere la barriera intestinale. Questa condizione avviene anche in giovanissima età quanto la barriera intestinale non è ancora ben formata e compromettendo così la salute della persona per gran parte della sua vita. Il microbiota sano è la chiave di volta nel preservare questa barriera (gli acidi grassi a corta catena prodotti dal microbiota e ingeriti sono di vitale importanza per la cellula intestinale, l’enterocita) e la vitamina D è un valido alleato (1)(2). Difficile attualmente addentrarsi in cosa significhi esattamente avere un microbiota sano (oltre ad averlo il più possibile diversificato nella sua composizione) ma i fattori sopra menzionati sono tutti da prendere in considerazione. Il sistema immunitario viene stressato parallelamente dal grado di permeabilità e dal tempo nel quale si rimane in tale stato. La risposta del sistema immunitario è quindi dipendente dalla permeabilità intestinale, di conseguenza tutte le malattie correlate al sistema immunitario si gioveranno da un miglioramento delle condizioni della barriera intestinale.
- https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=zonulina+vitamin+d3 /
- https://microbioma.it/immunologia/la-vitamina-d-modula-il-sistema-immunitario-modificando-il-microbiota-intestinale
- https://microbioma.it/gastroenterologia/attivita-fisica-altera-il-microbiota-intestinale-indipendentemente-dalla-dieta
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Durante un percorso di guarigione esistono ostacoli che non sono solo di natura fisica.
Pianetamicrobiota nasce da un sentimento di condivisione degli studi affrontati per risolvere un problema personale. All’inizio di questa storia come tantissime persone prima di me e come chissà quante dopo, provavo dei disagi, dei sintomi che mi torturavano. Nessun medico sapeva darmi delle soluzioni ai miei problemi, per questo è iniziato un percorso di crescita e studio personale. Ma oggi non sono qui per raccontare di questo ma per condividere un particolare della vicenda che sicuramente sarà utile a chi avrà la capacità di ammetterlo, poi di comprenderlo per andare finalmente oltre la propria condizione.
I miei problemi erano un misterioso “buco allo stomaco” (nei casi di minore intensità lo chiamavo “vuoto”) che mi impediva di dormire. Il problema in apparenza di poco conto in realtà mi teneva sveglio con tutte le conseguenze di chi non dorme. Sono arrivato a prendere sostanze potenti come sonniferi ma a poco servivano perché dopo un paio di ore mi alzavo con questo “buco”. La cosa allucinante del sintomo era che non si assopiva con il sonno come fa alle volte anche il dolore ben più acuto e invalidante. Questo racconto non vuole essere un piagnisteo o una condivisione di dolore ma è solo volto a cercare di far capire lo stato emotivo in cui mi trovavo e l’adattamento che ho dovuto avere come conseguenza per continuare a vivere. In parallelo ascoltate l’esperienza di questa signora (1) che durante la sua descrizione vi fa rendere conto con parole umili e molto semplici (ma per questo molto efficaci) di cosa significhi avere un disturbo recidivante a certi livelli. Ti cambia la vita.
Il tempo passa, gli studi continuano e le contromisure finalmente giungono a un punto in cui i miei problemi cominciano a essere un ricordo e non più uno stato di fatto.
In occasione di una visita al mio medico di famiglia (anche se poco utile dal punto di vista “classico” è stato un supporto vitale e indispensabile al mio percorso di guarigione in quanto mi ha accompagnato con pazienza e affetto nei miei studi e terapie personali dandomi, quando era il momento, il limite di me stesso) gli confessai un’ombra, che focalizzai con chiarezza in un momento del mio percorso durante il quale mi sono reso conto non è stato soltanto un percorso fisico ma anche psicologico (spirituale?). Era diverso tempo che non provavo più quei sintomi e richiamandoli alla memoria provai una sensazione di nostalgia. Oibò, come è possibile pensare alla propria malattia, ai sintomi e a quelle nottate passate sveglio sul divano (nel tentativo di far dormire almeno mia moglie), con un sentimento di nostalgia? Sono un mostro pensai, sono malato di masochismo o qualcosa di psicologicamente simile se ricordo con rimpianto malinconico i miei problemi, i miei dolori. Torniamo alla signora sopra citata e riguardate lo stesso video da questo punto (2) e notate come anche lei scherzando (pulcinella dice la verità ridendo) dica a proposito della sua cistite: “ma dové? …mi manca”.
Vi prego di focalizzarvi non tanto sui sintomi in sé o sui percorsi fisici intrapresi da me o dalla signora ma dal comune denominatore di origine psicologica: la nostalgia del nostro carnefice, dei nostri sintomi. Psicologicamente è una sorta di sindrome di Stoccolma in cui il soggetto si adatta alla situazione. Parallelamente a tale sindrome, efficacemente descritta e analizzata da altri, il punto da capire è che durante una malattia c’è una resistenza al cambiamento (quindi alla guarigione) indotto dall’omeostasi (o se volete dalla capacità adattativa della psiche alla nuova situazione). Superata tale resistenza (inconscia per carità!) si inizia la guarigione e a quel punto si prova la nostalgia.
Ho realizzato insomma, che in un punto indeterminato del mio percorso, non volevo cambiare (guarire) perché mi ero affezionato al mio stato “malato”. Solo dopo che ho provato nostalgia (guarendo ovviamente) ho potuto pian piano scardinare anche questo sentimento e trasformare oggi la nostalgia in distacco e con un sentimento di comprensione di come anche quella malattia mi sia servita per essere l’uomo che sono oggi.
Anche se sembra paradossale, quando vogliamo guarire, teniamo conto che ci sono delle ragioni inconsce per non farlo. Veramente vogliamo dimagrire per essere (ad es.) più attraenti? Poi la nostra vita cambierebbe e magari ci fa paura affrontare dei cambiamenti. Veramente vogliamo guarire dalla nostra malattia che ci inabilita? non avremmo più scuse per non fare certe cose.
Insomma non diamo per scontata la nostra volontà di guarigione perché probabilmente essa inizia proprio da un atto di volontà cosciente con il quale convinciamo il nostro inconscio a portarlo in un nuovo equilibrio. Portiamolo con affetto e pazienza dove vogliamo senza che ci costringa a rimanere dove non vogliamo e dove non c’è crescita.
In altre parole ancora la nostra zona di comfort è sempre quella attuale, anche da malati.
La malattia anche se sembra assurdo può essere un modo per evolvere, solo noi e nessun medico può trasformare questa opportunità in una realtà.
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Da parecchio tempo ormai ci si è accorti che nel campo della medicina l’ultra-specializzazione è una via fallimentare. Non che non ci siano indubbi risultati e spettacolari esempi di come la scienza medica ultra-specialistica abbia salvato vite altrimenti condannate a finire. Sono casi eclatanti ma isolati, con cui l’attuale establishment medico gli piace fare propaganda di sé un po' come fa il capitalismo indicando “chi ce la fatta” e dimenticandosi della stragrande maggioranza del numero sottostante di chi invece annaspa nei suoi problemi quotidiani. Per generalizzare ma rendere il concetto, la medicina occidentale moderna è spesso molto efficace nella cura di eventi acuti ma praticamente impotente di fronte al cronico che rappresenta tuttavia la deprimente maggioranza dei disagi e morti. Molti addetti ai lavori, e non, se ne sono accorti e si è comincia a parlare da tempo di medicina olistica, di multifattorialità arrivando a sostenere che accanto alla cura del corpo non si può prescindere dalla cura dell’anima fino ad arrivare ad affermare che in realtà quest’ultimo fattore è preponderande al resto.
Per fare luce su questo aspetto dobbiamo fare un passo indietro e cercare di capire cosa sia “la scienza medica” e quindi ancor prima cosa sia “la scienza” ed in particolare su che principi lavora. Per studiare il mondo lo scienziato è abituato a ragionare in termini di causa ed effetto e per farlo isola un fenomeno in maniera sempre più marcata e restrittiva fino a trovare l’essenza del fenomeno stesso racchiusa in un piccolissimo frammento di mondo sul quale elabora una teoria, un modello matematico in grado di replicare il fenomeno in un esperimento, riproducibile da altri scienziati. Questo metodo, che in estrema sintesi è l’”anima” del metodo scientifico, è stato applicato alla medicina. Qui sta tutto il busillis, è un errore sistematico operare questa semplificazione al corpo umano, alla salute umana e lo ha scoperto la scienza stessa. L’uomo è costituito da un insieme di parti tra loro interdipendenti. Questo fenomeno comincia a essere noto oggi ad esempio con il nome “asse intestino-cervello”. Il cervello influenza l’intestino e quest’ultimo influenza il cervello. L’uno è causa e contemporaneamente effetto dell’altro. Come a questo punto dovrebbe comprendere chiunque, il pilastro stesso della scienza medica attuale che cerca la radice del problema, la causa ultima, la causa eziologica, o come altro la si voglia chiamare, è un pilastro rotto alla sua base. L’asse intestino-cervello è uno delle prime correlazioni che si sono focalizzate e tutt’oggi la scienza medica, che continua a ragionare con i vecchi modelli, si chiede ancora se sia nato prima l’uovo o la gallina (1) ovvero se sia il cervello a influenzare l’intestino o il contrario, senza rendersi conto che sono cause interdipendenti. Per cercare di far capire cosa siano due cause interdipendenti c’è un efficace video che spiega cosa siano due vibrazioni collegate. Nel video due pendoli oscillano e la causa del moto di uno è essa stessa la causa del moto dell’altro e viceversa (2) in un rimpallo virtualmente infinito. Il meccanicismo, fondamento dell’attuale scienza, è basato sul riduzionismo, ma il riduzionismo è infondato dato che non si possono ridurre sistemi complessi a risultante di sistemi semplici che li costituiscono, questa scoperta è stata fatta studiando le incredibili proprietà dei domini di coerenza dell’acqua (3). L’universo (e con esso l’universo uomo) insomma è fatto da innumerevoli elementi interdipendenti che non si possono separare come piace fare alla scienza attuale. Il rasoio di Occam, basato sul riduzionismo, non taglia più.
- https://microbioma.it/neuroscienze/depressione-e-intestino-cosa-sappiamo-e-cosa-dobbiamo-ancora-scoprire/
- https://youtu.be/UmkzOMLnV5o?t=369
- https://youtu.be/UmkzOMLnV5o?t=599
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Francesco di Pierro nella sua esposizione delle proprietà del microbiota (1) ci spiega che la biodiversità è un fattore di salubrità e solidità del microbiota intestinale mentre viceversa per i distretti anatomici periferici è un fattore di squilibrio, quindi in questi casi un microbiota più specializzato (si stanno studiando quali ceppi siano da preferire) è sinonimo di maggiore eubiosi locale. Non è un mistero che la parodontite e le carie (e anche l’alitosi) siano problematiche legate a una disbiosi del cavo orale. Nelle parodontopatie ci sono batteri che letteralmente si cibano del parodonto, innescando quindi la perdita dei denti a cui viene a mancare il tessuto su cui si fissano. Le carie sono sempre un attacco batterico, in questo caso, allo smalto dei denti; ne è responsabile in particolare una specie di batterio: lo streptococcus mutans. Nelle parodontopatie invece sono maggiormente implicati bacteroides e firmicutes, ma il concetto non cambia: le più comuni problematiche del cavo orale sono da considerarsi disbiosi locali.
Queste problematiche sono trattate nella stragrande maggioranza dei casi partendo con il solito paradigma del nemico da distruggere. Per il cavo orale, visto che avrebbe poco senso usare degli antibiotici, che ucciderebbero anche il microbiota intestinale, ci si è sempre rivolti all’igiene che altro non è che la distruzione locale dei batteri presenti, il paradigma non cambia. Spazzolando i denti si portano via meccanicamente molti batteri, poi c’è chi consiglia l’uso del filo interdentale per arrivare a colluttori antibatterici di ogni tipo più o meno “naturali”. C’è chi usa direttamente bicarbonato di sodio o acqua ossigenata per una maggiore igiene, il che equivale allo sterminio del microbiota del cavo orale. Il punto da capire è che continuando in questo modo ci impelaghiamo in un’eterna lotta di eliminazione di batteri patogeni persa in partenza, dato che continuamente si riformano.
I successi nelle parodontopatie (cosi come nelle carie) dell’igiene orale del dentista di concerto con il paziente si basa tutto sulla pulizia, sull’uccisione, in definitiva, della proliferazione batterica per ottenere un equilibrio tra sterminio e proliferazione. Tuttavia appena l’igiene viene a mancare i batteri, come dei terminator programmati, proliferando, riattivano la loro azione patogena in maniera più veloce delle capacità rigenerative del corpo.
Chi ci ha seguiti fin qui ormai ha capito che lo sterminio indiscriminato non può essere una strategia vincente perché il microbiota del cavo orale è praticamente impossibile da uccidere completamente come probabilmente qualunque microbiota di qualunque distretto anatomico. Esistono batteri resistenti a condizioni talmente estreme da sopravvivere nelle centrali nucleari o in prossimità di vulcani in fondo agli abissi marini e sono parenti molto stretti di alcuni batteri che ci portiamo con noi. Cosa ci aspettiamo dall’uso dello spazzolino? Di ucciderli? Certo che no, quello che possiamo fare è creare ancora più disbiosi selezionando i più resistenti. Guarda caso sopravvivono sempre i più tosti e cattivi che, annidandosi in qualche interstizio, anche in piccola quantità, ripartono a riprodursi per ripopolare tutto l’ambiente disponibile senza “inquilini” probiotici (quelli sì tutti morti) a fare da antagonisti.
Prima di capire come intervenire è importante fare una ulteriore considerazione. Da dove viene questo microbiota orale disbiotico? Con ogni probabilità da dove vengono tutti i “microbioti” periferici ovvero dal microbiota intestinale. C’è infatti chi sostiene (e non ha tutti i torti) che il microbiota della bocca è fatto dai batteri che risalgono in qualche modo dal microbiota intestinale. Se da una parte è vero, dall’altra non si può aspettare di riequilibrare l’intestino per agire sulle patologie del cavo orale perché i tempi potrebbero allungarsi così tanto da farci marcire o cadere tutti i denti. D’altra parte di fronte una ferita infetta (che può essere vista come una disbiosi locale) che facciamo? Aspettiamo di riequilibrare il microbiota intestinale? (per quanto importante esso sia e legato strettamente al buon funzionamento del sistema immunitario) o agiamo subito localmente?
Un’ approccio innovativo è quello di ridurre il biofilm (7) batterico che rende più resistenti i batteri, compresi quelli patogeni. Si possono usare diverse sostanza anti-biofilm, ad esempio lo xilitolo (zucchero di betulla), il miele o la lattoferrina. A proposito della lattoferrina ci sono degli studi (se ne parla nei link 2,3,4) che hanno consentito di sviluppare un prodotto da banco a base di lattoferrina e D-biotina (5) che già da solo promette sensibili miglioramenti alle patologie del cavo orale (6). La spiegazione è presto fornita: i batteri “buoni” senza il biofilm di quelli “cattivi”, che è una vera e propria corazza contro le aggressioni di antibiotici, disinfettanti e anche batteriocine (9), giocano ad armi pari ed hanno così una possibilità di avere la meglio
Altri ricercatori studiando il microbiota del cavo orale hanno isolato uno streptococco molto utile perché agisce da antagonista nei confronti di specifici ceppi patogeni. Lo streptococco salivarius M18 (8) si è rivelato utile per combattere lo streptococco mutans che come dicevamo è responsabile delle carie dentali. Il salivarius (come gli altri probiotici) per competere nello stesso ecosistema del cavo orale produce batteriocine (uno dei probabili antibiotici del futuro basati su batteri e non più su funghi) con cui uccidono quel singolo batterio patogeno, senza sterminare il resto degli altri batteri, che contribuiscono a formare il microbiota orale. Il salivarius è in pratica un poliziotto ben addestrato all’eliminazione di specifici “malviventi batterici”, senza però andare a toccare altri batteri innocui ma utili all’eubiosi orale. Sono nati cosi integratori probiotici da sciogliere in bocca, come caramelle, per la cura e la prevenzione delle carie.
L’idea di pianetamicrobiota è di combinare l’integrazione orale di lattoferrina, che rende più “mansueti” i batteri del cavo orale, indebolendo la loro “corazza” fatta di biofilm, con la somministrazione successiva di un probiotico specifico nato per le stesse problematiche (carioblis). Dopo una consueta igiene meccanica del cavo orale tramite spazzolamento(magari usando dentifrici allo xilitolo per rinforzare l’azione anti-biofilm), che “sgrossa” la quota di batteri e biofilm, si può usare (secondo le indicazioni del foglietto illustrativo) il prodotto a base di lattoferrina che agisce “sciogliendo” il biofilm (il biofilm ha tra le sue componenti il ferro e la lattoferrina, catturandolo, scardina il biofilm) e rendendo meno “ostile” l’ambiente in modo che la successiva somministrazione orale di streptococco salivarius possa attecchire maggiormente. La raccomandazione di NON usare assolutamente colluttori sterilizzatori, a questo punto, è d’obbligo, in quanto si vanificherebbe l’azione del probiotico S. salivarius m18 che è quella specifica di combattere uno dei riconosciuti “sorvegliati speciali” come lo S. mutans. In ultima battuta possiamo notare che sia la lattoferrina sia lo S. salivarius sono componenti fisiologici presenti la prima nella saliva e il secondo nel cavo orale di persone sane.
- http://www.pianetamicrobiota.it/video/video/29-laboratorio-salute-nuove-frontiere-nelle-terapie-batteriche-14-12-2017
- http://www.doctoros.it/articoli-scientifici/focus-on/lattoferrina-e-parodontopatie/
- https://www.doctoros.it/articoli-scientifici/focus-on/lattoferrina-e-gengiviti/
- https://www.doctoros.it/articoli-scientifici/focus-on/lattoferrina-e-cavo-orale/
- Della lattoferrina ne abbiamo parlato “Il microbiota, un fondamento della nostra salute“ mentre La D-biotina è una vitamina idrosolubile appartenente al gruppo B, che contribuisce a mantenere sane le mucose orali
- https://www.rivistaitalianaigienedentale.it/forhans-gengi-for-compresse-orosolubili-base-lattoferrina-d-biotina/
- Approfondimenti sul biofilm: http://www.wuwhs2016.com/files/WUWHS_Biofilms_web_IT.pdf http://www.codicepaleo.com/biofilm/
- http://www.odontoiatria33.it/cont/pubblica/clinica-e-ricerca/contenuti/11542/streptococco-salivarius-elimina-streptococco-mutans-risultanze-ricerca.asp
- Le batteriocine sono sostanze antibiotiche prodotte da batteri per far fuori la “concorrenza”
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